La Follia
Fu così che un giorno, parlando con il mio babbo, Rossano, formulai la mia proposta: gli dissi che dovevamo sostituire le viti della vigna e passare ad altro tipo. La sua risposta fu: “Quando sarò morto farai quello che vuoi, ma finchè sarò in vita non voglio problemi…”. Conoscendo il carattere audace del mio babbo, la risposta mi stupì, ma la rispettai.
E così, con il passare degli anni, ho avvicinato e conosciuto persone, maestri che mi hanno educato e formato al vino; ho frequentato corsi e ricercato esperienze, avevo una grande curiosità da sfamare e il desiderio di approcciarmi in una maniera il più possibile articolata e approfondita al mondo del vino in tutte le sue sfumature. Finchè, ahimè, nell’agosto del 2010 il mio babbo ci ha lasciato. Poco dopo, come fosse un lascito in sospeso, ho deciso di accettare e rilanciare la “sfida” che subdolamente mi aveva lanciato anni prima.
Fu così che dopo la vendemmia 2011 estirpai il vecchio vigneto… ma solo per poter ripartire nuovamente: certo tutto quel patrimonio di vino avrebbe continuato ad essere presente anche in una nuova coltivazione. Nella primavera del 2012 le nuove barbatelle di Pinot Nero ed un piccolo appezzamento di Incrocio Manzoni, piantate a mano una ad una, erano già a dimora pronte a crescere e cercare di stupirci. Con il prezioso aiuto e la fidata consulenza dell’amico Giuliano Tarchi abbiamo realizzato un vigneto unico nel suo genere, senza filari di sorta, ma con un sistema di allevamento unico per la sua tipologia, ed unico nel Mugello, l’alberello areato.
Questo sistema consente alle piante di svilupparsi liberamente a 360°, all’interno di un “anello” che le contiene durante il loro sviluppo; è pertanto un sistema ideale per garantire la massime esposizione fogliare al sole e la minima costrizione che, in caso di piogge, facilita molto la dissipazione dell’umidità dalla pianta. Questo si traduce in una minore esposizione alle malattie e conseguentemente comporta minori trattamenti da fare, sempre per perseguire la via del sano, di un prodotto che sia il più possibile frutto della terra e del lavoro di chi la abita, ma senza eccessi di interventismo da parte dell’uomo, fin quanto possibile.